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ARTI TERAPIE

La mia pratica clinica si avvale anche di esperienze arte terapeutiche che coinvolgono gli aspetti sensoral-corporei e immaginitivi. L’interazione con: fili, colori, foto, ritmi, la creta, la drammatizzazione consentono di prendere contatto, dare forma e trasformare vissuti, emozioni pensieri e immagini in modo diretto e concreto coinvolgendo le stesse modalità che usiamo nelle nostre dinamiche interpersonali.

La possibilità di accedere durante il percorso di sostegno psicologico ad esperienze di percezione ed espressione di sé, creative ed intuitive, facilita il prendere consapevolezza di aspetti personali difficili da spiegare e contattare con le parole.

Il lavoro arte-terapeutico ha delle importanti valenze trasformative: è possibile utilizzare i linguaggi artistico-espressivi al fine di modulare, trasformare ed ampliare le proprie potenzialità espressive, la propria consapevolezza e capacità di gestione delle emozioni. Esso consente l’acquisizione di un progressivo vissuto di integrazione psico-fisica. Le esperienze arte-terapeutiche, protette e guidate, facilitano il prendere contatto e dare forma  a processi profondi arricchendo le modalità comunicative, gli spazi immaginativi ed esistenziali di ciascuno alimentando il piacere di essere al mondo. Dunque attraverso questo approccio integrato, è possibile un lavoro trasformativo sensorial-esperienziale attraverso cui l’individuo si percepisce come unità psicofisica integrata, stabile e flessibile.

Perché utilizzo la creta nei colloqui

Spesso nel fornire un pezzo di creta a qualcuno ho notato, fin dal primo contatto, l’incontenibile desiderio di modificare, di spostare la materia da una parte all’altra, di lasciare tracce, di vedere l’effetto della propria pressione sulla superficie, di saggiarne: la consistenza, l’odore, la temperatura, il peso. Come se si trattasse di un bisogno istintivo di contattare, trasformare o evitare un materiale altro da sѐ che si modula con la nostra azione dando corpo alle nostre più autentiche rappresentazioni. Condizione ineliminabile del dare forma è entrare in contatto, in questo caso un contatto tattile che coinvolge la persona nella sua integrità psicofisica. Plasmare la creta può sollecitare il sentimento di efficacia e competenza, consentendo un vissuto di piacere e autostima, dell’essere presenti qui ed ora in un proprio intimo spazio. I gesti portati alla materia e da questa sollecitati possono essere molteplici: schiacciare, penetrare, sfiorare, accarezzare, impastare, spezzettare, scivolare con l’acqua etc...

Essi riguardano le modalità individuali di entrare in contatto con il mondo e sono lo specchio delle tensioni psico-fisiche.

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Gli stessi gesti narrano alla creta vissuti, bisogni, ricordi, fantasie, desideri; danno forma ad emozioni spesso inibite e dimenticate e possono far nascere nuovi modi di percepire se stessi.

Le emozioni possono così ri-tornare ad essere parte dell’esperienza esistenziale del soggetto che plasma, risvegliando il piacere di esprimersi e relazionarsi con il mondo. Il contatto con la creta richiama anche la possibilità della relazione con l’altro da sé nell’interazione io-tu con un oggetto malleabile e modificabile che risponde accogliendo ogni nostro gesto e pressione apportando, attraverso nuove forme, trasformazioni al sentire di chi lo ha creato. Pertanto l’uso della creta nei colloqui psicologici consente di mettere in scena, dare una forma tridimensionale alle rappresentazioni di noi, della nostra relazione con gli altri e del nostro modo di stare al mondo.

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Grazie all’esperienza del plasmare queste rappresentazioni possono essere modificate in meglio, possiamo ad esempio assumere diversi punti di vista, possiamo prendere consapevolezza dei nostri confini e del nostro spazio personale.
Ciò consente l’acquisizione di nuovi spazi immaginativi, dunque nuovi gradi di libertà esperienziali.
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La tessitura nell'arte terapia

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Nella mia esperienza ventennale come docente di artiterapie la tessitura ha avuto un ruolo molto importante, é stata quasi una necessità.

Il lavoro di tessitura come strumento formativo e trasformativo che porto avanti si orienta verso la creazione di una tela, un corpo unico e permette di dare forma ad una narrazione interna fatta di vissuti, disagi, ricordi, emozioni, giocando con i vari livelli di tensione nelle differenti parti che costituiscono: trama lenta, fitta, varchi, chiusure, nodi, andate, ritorni, sfumature, impronte, direzioni da mantenere, da cambiare, che danno la possibilità a chi tesse di entrare in contatto con il proprio universo immaginativo, considerando che “l’organizzazione dell’esperienza corporea è l’impalcatura di ogni evento psicologico”(Ruggieri, 2001).

La possibilità di esplorare diversi materiali, consente l’esperienza della modulazione delle tensioni che può variare nei gesti di: sfiorare, accarezzare, premere, appoggiare, tirare, entrare, portare a sé, spingere, scorrere, farsi spazio, che si manifestano come fossero inseriti in un contesto relazionale e rappresentano un rispecchiamento delle proprie modalità di entrare in contatto.

L’esperienza tattile sensoriale con i fili sollecita una motricità fine e risveglia il sentire dei piccoli gesti, facilita l’entrare in contatto con un sentire lento e delicato.

Nella pratica l’azione del tessere è caratterizzata dalla continuità del filo e da una gestualità cullante che rimanda all’archetipica relazione diadica. La navetta guida il viaggio immaginativo, come una barca segue il flusso del fiume contenuto dagli argini. Così appoggiandosi ai fili dell’ordito, chi tesse inizia il suo viaggio in un ritmo costante.

Il tipo di telaio utilizzato in questo contesto è caratterizzato da una semplice cornice rettangolare i cui lati orizzontali sono detti subbi.

La cornice rappresenta il contesto immaginativo/concreto in cui avviene l’esperienza.

L’ordito costituito dai fili verticali, riguarda, la base, le regole stabili e flessibili, viaggia con continuità da un subbio all’altro mantenendo la stessa tensione.

La trama, il filo orizzontale che passa alternativamente tra i fili dell’ordito rappresenta la libertà. Essa è costituita da un unico filo che naviga per mezzo della navetta, guida e prolungamento della stessa mano.

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Chi tesse sulla base di un ordito stabile e flessibile inizia un inevitabile dialogo-racconto-canto di sé che si dispiega nell’intreccio tra trama e ordito: vengono create tracce, segni, percorsi di fili, vibrazioni, suoni, che diventano mappa e racconto di sé.
Per scoprirne di più.
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