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DISAGI PSICOLOGICI RELATIVI
AI PROCESSI DI EMIGRAZIONE

Nella mia pratica di psicologa italiana nei Paesi Bassi mi confronto spesso con tematiche affettive ed identitarie relative all’emigrazione.

Lasciare il proprio paese di provenienza per emigrare in un nuovo paese, temporaneamente o in modo stabile, ci conduce inevitabilmente a sperimentare limiti, risorse personali e condizioni psicofisiche di cui spesso non avevamo esperienza.

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I motivi di trasferimento in un altro paese possono essere molteplici.

 

Molte persone decidono di continuare ad approfondire gli studi in un ambiente più internazionale e per fare esperienze di autonomia e indipendenza. Ci si sposta per accettare nuove opportunità di lavoro, per seguire o raggiungere la persona amata, per arricchire e migliorare la propria esperienza di vita, si fugge anche, purtroppo, per sopravvivere perchѐ è l’unica opportunità per immaginare o raggiungere un mondo meno ostile che dia una prospettiva di vita dignitosa.

Strada principale e strade secondarie , Paul Klee

Il nostro viaggio e la nostra permanenza possono essere vissuti con entusiasmo, rafforzarci e diventare una condizione esistenziale ottimale, possono rappresentare un’esperienza estremamente positiva di realizzazione di un progetto  trasformativo di vita, possono  altresì essere anche fonte di disagio e sofferenza, è possibile anche sperimentare entrambi i vissuti contemporaneamente.

L’accoglienza e l’accettazione di questi vissuti contrastanti ed ambivalenti può essere un inizio di presa di contatto con la nuova realtà ed è una fase a volte necessaria per trovare il “proprio posto”.

 

I modelli socioculturali del proprio paese di provenienza sono alla base della costruzione del senso di appartenenza e del sentimento di identità ed è proprio il senso della nostra identità che può essere messo alla prova nello spostarsi in un altro paese.

L’esperienza dell'emigrazione comprende lasciare: la propria terra, i luoghi, le relazioni significative che hanno alimentato la nostra esistenza fino a quel momento, la famiglia di origine, per alcune/i il lavoro e la propria identità professionale. Comprende anche l’incontro\scontro con la nuova realtà culturale che dobbiamo comprendere e gradualmente poter integrare nella nostra esperienza.

 

La separazione da qualcosa di conosciuto, affidabile e prevedibile ѐ un separarsi da parti di sé, parti della propria identità che ci definiscono come persone dando senso alla nostra esistenza. Quando emigriamo in un altro paese: i propri luoghi, i punti di riferimento, gli automatismi, le esperienze sociali che potevano fungere da contenimento, essere motivo di leggerezza e di piacere, accoglienza, calmare gli stati d’ansia o i normali disagi della vita quotidiana non ci sono più e non abbiamo ancora trovato dei sostituti.

Pertanto possiamo vivere, inizialmente, delle fasi di temporaneo o costante disorientamento psicofisico avvertiti spesso come demotivazione, debolezza, forte nostalgia e senso di perdita.

Altresì alcune persone avvertono un forte entusiasmo iniziale che si affievolisce con il tempo quando si prende gradualmente contatto con il nuovo contesto e possono iniziare sentimenti di delusione.

Queste condizioni di disagio non sono destinate a restare per sempre, migliorano spesso con il tempo e l’esperienza, gradualmente è possibile cominciare a costruire nuovi appoggi e punti di riferimento.

In altri casi puó essere utile rivolgersi ad una figura di supporto.

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Senecio, Paul Klee

I vissuti che ascolto nel mio lavoro di psicologa italiana nei Paesi Bassi sono spesso quelli di avere due vite: quella passata in Italia e quella nuova nel nuovo paese, queste due vite, a volte, non solo non si intrecciano, ma neanche si integrano. Questa esperienza può costare fatica ed il rischio è quello di vivere il presente in funzione del passato, un passato in cui tutto era più autentico di ora. Il successivo senso di inadeguatezza e frustrazione che ne possono derivare rischiano di diventare un fattore di difficoltà anche nella relazione con il partner, le relazioni familiari più allargate sociali e lavorative.

Ascolto spesso, dai miei pazienti, esperienze di rabbia, ansia, vissuti depressivi, senso di isolamento, senso di svalutazione personale anche dovuti alle differenze di valori che ci fanno sentire estranei e fanno vacillare il nostro senso di appartenenza.

É una condizione che non può perdurare perché crea sforzo, fatica e sofferenza.

COME POSSO AIUTARTI?

Un lavoro di sostegno psicologico può favorire, come primo passo il riconoscimento e l’accettazione di vissuti contrastanti e ambivalenti e la possibilità di poterli integrare.

Successivamente ci si può dedicare al rafforzamento e alla costruzione di proprie risorse personali, alla scoperta di parti di sé curiose e forti, a cambiare il punto di vista, ci si può orientare a creare nuove abitudini, a ritrovare contesti di piacere e una rete sociale che fornisca accoglienza, spensieratezza, condivisione e ascolto.

Con il tempo si può acquisire flessibilità e altri punti di sostegno che ci aiutino a trovare nuove fioriture di noi stesse∕i  dal punto di vista esistenziale e professionale.

Possiamo organizzare un appuntamento per parlarne insieme.

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